Non si può portare nulla senza carità. Non si può sopportare nemmeno noi stessi, se non è per carità verso se stessi. È un atto della volontà, una serie interminata di atti della volontà. Che volontà? Di obbligarsi a guardare e ammettere che in tutto e in tutti – sfigurato quanto si vuole – si riflette l’immagine di Dio. Se gratto la maschera che cosa trovo, il bene o il male? È il buon vivere una sovrastruttura che copre la sporcizia o è la sporcizia che copre la natura? In vino veritas? Quando perdiamo l’ordine e le strutture che cos’è che si mostra al mondo: il vero me stesso o la mia versione sfigurata?
(© Daniele Gigli – Condivisione autorizzata a fini non commerciali citando la fonte)
Stupenda intuizione del vero:
atto di carità.
Lo accetto volentieri in dono perché anch’io, ogni giorno, chiedo la carità e misteriosamente mi viene fatta, ogni volta.
Disperare? No, mai: per carità!
"Mi piace""Mi piace"